Release perdute, release ritrovate.
Tra le varie sfaccettature della scena musicale Edm ce n’è una che più delle altre affascina e incuriosisce gli appassionati, la strana storia delle tracce “dimenticate”.
Quelle tracce cioè, suonate nei live, nei radio show, negli aftermovie e mai rilasciate ufficialmente.
Strategie di marketing, cambi di orientamento della label o dell’artista stesso, piuttosto che problemi legali di royalty portano spesso all’oblio molti lavori.
Non è sempre così però, capita a volte che queste tracce riescano a vedere la luce della release.
Il problema è che sempre più spesso questa tracce,una volta rilasciate, complice un mercato in frenetica mutazione, appaiono spaesate, catapultate in un contesto che non gli appartiene più.
La cosa singolare è che si parla di lassi di tempo piuttosto contenuti in teoria ( 2, 3 o 4 anni al massimo). Lassi di tempo che diventano eternità in questo settore.
La creazione (!) di generi musicali nuovi è un fenomeno che almeno da due o tre anni si rinnova ciclicamente ( si pensi alla BigRoom, alla Future House, alla Bass House fino all’attualissima Future Bass).
Il mercato musicale probabilmente non è mai stato così veloce, così polimorfo.
Così incredibilmente difficile.
La riflessione allora potrebbe essere questa, ha ancora senso programmare release a lungo termine? Ha ancora senso aspettare mesi o anni prima di rilasciare un disco con il rischio che suoni ormai datato?
A breve intanto, per restare in tema, su Spinnin Records esce “Party till we die” la “nuova” di Makj e Timmy Trumpet, un pezzo che gira ormai da almeno tre anni.
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