Da suo grande fan ed estimatore, voglio raccontare una storia.
La storia racconta di George e Lydia Hadley, genitori di Wendy e Peter, due meravigliosi bambini. Come tutti i genitori, i coniugi Hadley vogliono il meglio per i loro figli e decidono di acquistare una casa completamente automatizzata. Ci sono macchine che friggono le uova, altre che preparano da mangiare, altre ancora che puliscono e si occupano dei bambini. Ma la stanza più interessante per i bambini è la nursery, anche questa completamente automatica: riesce a far diventare realtà qualsiasi cosa immaginino i bambini.
Lydia e George scoprono, però, che da un po’ di tempo i figli trascorrono le giornate nella nursery, immersi nello scenario che le loro menti hanno creato: una savana africana. C’è un sole asfissiante e in lontananza due leoni sono intenti a sbranare un qualche animale. George e Lydia sentono inoltre delle grida famigliari. I genitori cominciano a preoccuparsi: perché i loro bambini dovrebbero scegliere di giocare in un ambiente così ostile e poco adatto a loro? La nursery sembra non funzionare bene: lo scenario è molto realistico, troppo per i due genitori e, soprattutto, non si riesce più a disattivarla. La preoccupazione è accentuata anche da un sempre maggiore isolamento dei bambini e da un loro distacco, anche emotivo. Lydia e George cominciano così a proibire a Wendy e Peter di usare la nursery, almeno per qualche giorno. I bambini si lamentano piangendo, ma i genitori sono convinti della loro scelta, condivisa anche con un amico psicologo. Anzi, decidono di lasciare per qualche tempo la casa automatizzata per andare in vacanza al fine di ritrovare il piacere nel preparare un pasto o nel giocare tutti insieme.
Mentre padre e madre preparano i bagagli, Wendy e Peter riescono ad entrare nella nursery un’ultima volta. Quando i genitori sono pronti per partire, non trovano i due figli, ma si accorgono che la porta della nursery è aperta. I genitori vi entrano per cercare i loro figli, la porta si richiude e i leoni si avvicinano minacciosi. Le grida che sentivano erano le loro, già nella mente dei bambini.

Questa è la trama di “The Veldt”, una storia di Ray Bradbury alla quale Deadmau5 si è ispirato per la produzione dell’omonimo brano, in collaborazione con Chris James, e di cui il 6 maggio si è “festeggiato” il quarto anniversario dal suo rilascio.

Il motivo per cui ho scritto questa storia è perché mi sono sempre incuriosito alle cause progenitrici di un nuovo brano e cosa si nasconde dietro di esso. Infatti “il Veldt” ha più di un motivo d’interesse. Innanzitutto, quando Bradbury scrisse questa storia, la televisione aveva fatto da poco il suo ingresso nelle case americane e i dibattiti, all’epoca, erano incentrati proprio sul ruolo che quella nuova tecnologia potesse assumere nella vita familiare. Si temeva, infatti, che la tv finisse per interporsi nei rapporti tra figli e genitori, assumendo una funzione di socializzazione per intere generazioni e sostituendosi in qualche modo ai genitori stessi.

Se ci si pensa, questa concezione è più viva e attuale che mai se si considera come i social hanno cambiato il nostro modo di proporci alle persone e di socializzare.

Originariamente Deadmau5 non aveva previsto la parte vocale, ma poi Chris James pubblicò sull’account twitter del produttore un possibile arrangiamento della canzone, e quest’ultimo ne rimase talmente colpito che accettò immediatamente la collaborazione.

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“Behind a Song”: deadmau5 – The Veldt